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25 Febbraio 2015

Dicevano di noi Liguri… che eravamo “chiusi”…

Dicevano di noi Liguri che eravamo “chiusi” e forse era anche vero per gli occhi di chi ci guardava ed era “foresto”, ma la nostra chiusura era solo senso di appartenenza, timore che chi veniva da fuori potesse “rompere” quel filo che ci legava tutti in una comunità che sapeva difendere i propri componenti. Ci conoscevamo, molto o poco, ma ci si salutava, ci incontravamo nelle feste o ai funerali e ci si andava solo, perchè era il nostro appartenere ad una comunità che ci spingeva a farlo.

Non c’era la differenziata perchè già la facevamo e la facevamo, perchè rispettavamo il costo del vetro, delle lattine, della carta, che la si ripiegava per riusarla e l’umido era il concime dei nostri orti… gli spazzini ti pulivano anche davanti casa ed anche se non li chiamavi “operatori ecologici” tu facevi quattro chiacchiere con loro e magari gli offrivi un bicchiere di vino e il medico della mutua, quando passava vicino casa tua, suonava un attimo, a vedere come stavi anche se non lo avevi chiamato.

I boschi erano puliti, perchè la legna serviva a riscaldarci e le creuse erano in ordine, perchè se cadeva un sasso lo si rimetteva a posto subito, senza chiederci a chi toccava farlo, perchè da quella strada ci passavamo anche noi per andare a casa. Se la Domenica facevi una torta ne portavi una fetta alla tua vicina che era anziana e sola, perchè la conoscevi e mentre stendevi i panni facevi quattro chiacchiere con la tua dirimpettaia che stava facendo la stessa cosa.

Per trovare casa ci si passava voce, chi aveva la macchina da cucire cuciva per gli altri e a volte la pagavi con 3 carciofi e una cesta di fave, perchè il cibo aveva un valore; se succedeva una disgrazia a qualcuno, lo si sapeva subito e si correva, ognuno a dare il proprio aiuto. Le botteghe segnavano sul quaderno la tua spesa e non c’era bisogno di garanzia, perchè era la tua parola a contare e tu mai ti saresti sognato di non mantenere la parola.

Per la festa della Città si metteva al davanzale la tovaglia ricamata o un drappo apposta per l’occasione che tua nonna loaveva regalato a tua mamma che lo aveva regalato a te… e non si attraversava la processione interrompendola, non perchè tutti si credesse alla Madonna, ma per rispetto, perchè era la festa del Paese, la festa di tutti… Poi abbiamo imparato che le “gé” in italiano si chiamavano bietole e ci siamo finalmente “aperti”….. ed ora i “foresti” quando qualcosa non va dicono che è colpa dei Liguri, ma facendo quattro passi per la Città ci accorgiamo che nelle botteghe, di Liguri non ce ne sono quasi più, che sui campanelli i nomi son quelli dell’intero mondo, poi ci accorgiamo anche che quel filo che ci legava non esiste più, perchè ognuno ha portato un pezzetto di filo da casa propria, ma non lo ha annodato con quello del proprio vicino, perchè il suo pezzo di filo è diverso… è migliore… e poi, non serve…

E sì, ora ci siamo aperti, ma io continuo a comperare le “gè”, se non vi dispiace, anche se so che si chiamano bietole…. tenendo il mio pezzo di filo in mano, che ha tanti nodi che non ci sono più, ma pronta ad annodarlo ancora, anche se troppo spesso trovo solo mani in tasca che tengono stretto stretto il proprio, perchè il loro …è più bello….
Nadia Amalia Molinaris (nata a Rapallo il 31 maggio 1953 nella foto insieme alla mia mamma)

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